A questo punto della lettura, ti sarai fatto un'idea assai negativa dell'io, come condensazione di tutto il male che esiste nel mondo, attribuendo e scaricando su di esso, tutte le cause dei dolori da te patiti nel corso della tua vita. E se così è, hai tutto sommato ragione a pensarla in questo modo.

Però bisogna stare attenti ora a non vedere l'io come qualcosa di esterno a noi e che ci domina come uno spirito cattivo. In effetti quando siamo incarnati noi tendiamo a identificarci col nostro io, e quindi è molto meglio dire semplicemnete "io sono fatto in questo modo", piuttosto che "è colpa del mio io che è fatto in questo modo". Ma questa è ancora una visione semplicistica e semplificata della questione io. Ecco come il messaggio prosegue, portatoci però da un'altra Guida. Lascio la parola a Serena (Cerchio Ifior "la Ricerca nell'Ombra"):

Si tende generalmente ad attribuire a quest'io soltanto qualità negative, ma voi sapete (forse tu non ancora N.d.R.) che così non è; l'io è molto importante nel corso dell'evoluzione degli individui poiché, se non ci fosse stato, oggi nessuno di voi potrebbe godere di tutto ciò che l'uomo (anzi l'io) ha creato, inventato per il proprio benessere.Possiamo affermare che l'io, come la mente, è tanto indispensabile all'uomo per la sua crescita quanto lo è l'annullamento affinché quello stesso uomo possa raggiungere il massimo "sentire" (mi rendo conto della necessità di chiarire concetti come "sentire" ed "evoluzione" che verranno senz'altro meglio discussi e approfonditi in altre sezioni N.d.R.). Ora se voi osservate un individuo dalla sua nascita fino alla sua maturità, che fissiamo tra i 20 e i 25 anni … potrete vedere quella che è stata l'evoluzione dell'individuo fin dal suo primo apparire nel mondo fisico come "uomo"… Vedrete infatti che nella primissima infanzia l'individuo ha un io molto forte e molto rozzo, limitato cioè alla soddisfazione dei propri bisogni personali; egli vuole essere al centro dell'attenzione di tutti, e mette davanti a tutto la ricerca della soddisfazione dei propri bisogni e dei propri desideri. Questa, indicativamente, è la prima fase di crescita e di sviluppo dell'io. Via via che l'individuo cresce, l'io si attenua, almeno per quello che riguarda la sua manifestazione esterna, e riesce a lasciare dei piccoli spazi ai bisogni degli altri. Il bambino che, ad esempio, va a scuola, e che per questo inizia ad avere i suoi primi rapporti sociali, interpersonali, comincia a comprendere di non avere soltanto dei diritti ma anche dei doveri nei confronti degli altri, e così via, lentamente, fino alla propria maturazione. Questa è la seconda fase, per cui l'io - pur continuando ad esistere, ad essere presente all'interno dell'individuo - comincia a manifestarsi in maniera sempre più raffinata e meno evidente; tanto da riuscire quasi a passare inosservato, se non addirittura a rendere il suo agire "altruistico". Quando poi l'individuo arriva ad avere 20-25 anni, il suo io raggiunge la sua completa maturità ed è da questo momento in poi che quest'ultimo inizia a manifestarsi in quel modo più subdolo, come diceva prima Francesco. Si può quindi affermare che, al vostro stato evolutivo attuale, voi siete come il giovane di 25 anni che ha un io ancora forte ma che tende a manifestarsi in modo più fine e meno evidente. Da questo momento in poi tutto il lavoro per avvicinarsi all'"annullamento" dipende dall'individuo soltanto e dalla sua capacità di rendere il proprio io sempre meno attivo. Ecco, ho voluto fare questa precisazione per ricordarvi che non dovete riguardare all'io sempre con disprezzo, ma accettare che esso esista in voi e comportarvi in modo da ammansirlo, da renderlo innocuo alla vostra crescita interiore.

Quindi la pulsione egoistica che l'io ci invia, ci spinge comunque a muoverci a costruire e ricercare, portando in ultima analisi quel progresso che oggi ci permette di vivere con comodità e agi, che anche solo un secolo fa erano impensabili. Certo, si è sempre trattato di traguardi conseguiti per fini egoistici, questo non bisogna dimenticarlo. Quindi l'io passa, o almeno così dovrebbe, dall'essere una specie di incarnazione del demonio, a semplice impulso e stimolo senza il quale ci ripiegheremmo su noi stessi senza più un vero motivo per agire. Se non desideriamo più possedere ed apparire, chi ce lo fa fare di alzarci alla mattina, di ripulirci e di andare al lavoro? Il sentire, ecco chi. Anche se per il momento la cosa apparirà un po' come lo yin e lo yan degli orientali, ciò che si manifesta allorché l'io tace, altro non è che il sentire. Il sentire è l'espressione della nostra, chiamiamola per ora, coscienza superiore, una coscienza di noi stessi e degli altri, che porta con sé comprensione, forza, pace, altruismo… e infine quella cosa il cui nome così spesso è usato a sproposito, che è l'Amore. Se ci accontentiamo di questa spiegazione del sentire - e per ora non abbiamo scelta - possiamo facilmente definire l'evoluzione come un processo di ampliamento del nostro "sentire di coscienza" che si verifica come conseguenza del progressivo annullamento dell'io. Annullamento o superamento che può essere aiutato e facilitato con l'applicazione del conosci te stesso. Ora dovresti cominciare a capire qualcosa di più, spero. La funzione dell'io è quella di indurci a cercare, più o meno consapevolmente, di superarlo. In quanto il processo di superamento dell'io è l'unico che può promuovere lo sviluppo della nostra coscienza, vero scopo della nostra esistenza. Data la grande importanza di questo argomento, vi porto un altro contributo di Claudio:

Per giungere alla comprensione non occorre ritirarsi dal mondo. Potete rimanere soli anche in mezzo al mondo. Così, se avete delle occupazioni, delle attività, potete benissimo esplicarle; però rendetevi consapevoli. Dovete comprendere: alla base di ogni sofferenza c'è l'io con il suo desiderio di espandersi. Generalmente l'uomo cerca un conforto a questo dolore, e allora - ripeto - non comprende. La ricerca di sicurezza conduce all'affanno, alla delusione, al dolore. Nel dolore la ricerca del conforto conduce alla schiavitù, al reciproco sfruttamento. Tutto quanto non vi fa comprendere, vi illude. Ogni volta che accettate e non comprendete, vi illudete. Ricordate: giunge alla liberazione non chi resiste alla tentazione, ma chi non ha alcuna tentazione. Cade non chi è stato tentato, ma chi non ha compreso. Non potete sbagliare, purché non vogliate sbagliarvi. La comprensione presuppone un'immensa schiettezza da parte vostra, una enorme sincerità con se stessi. Voi siete abituati ad agire e ad aspettarvi una ricompensa dalla vostre azioni. Ecco l'errore.
Voi non dovete avere ricompense, non siete qua per aspettarvi ricompense. Siete qua per comprendere, e questa comprensione avviene solo quando agite senza sforzo. Questo non significa votarsi ad un cieco fatalismo. Assolutamente no. Questo significa essere voi stessi. Così, nell'aiutare, non dovete aspettarvi una ricompensa. Nel momento in cui vi rendete consapevoli che portate aiuto alle creature per far godere il vostro io, non dovete - indotti da questo pensiero - cessare di portare aiuto, ma essere consapevoli del perché lo fate.
Così, non dovete dire: "Basta mi riposo mi ripiego su me stesso". Questo è un errore. Dovete essere vigili, costantemente consapevoli, senza attendere da questo nessuna ricompensa, senza agire per essere ricompensati. La comprensione giunge (con conseguente superamento di una parte dell'io e ampliamento del sentire N.d.R.) , a vostra insaputa, quando realizzate questa costante consapevolezza.

Moti da "Il canto dell'ùpupa", ora ci metterà di fronte ad un altro fondamentale aspetto della questione, senza mancare di portarci un esempio - il caso di un ladro - che secondo me è molto chiarificatore:

Vivere la propria umanità, figli cari, non significa vivere automaticamente la propria vita, bensì riconoscere se stessi e le proprie intenzioni in ogni esperienza che la vita induce ad affrontare. Significa essere consapevoli di ciò che si è, nel bene e nel male; significa accettarsi per ciò che si è, per quanto doloroso e faticoso ciò possa risultare. Quante volte chiudete gli occhi davanti alle vostre motivazioni, alle vostre intenzioni, per paura di guardare nei vostri stessi occhi, preferendo lasciarvi trascinare dal vostro stesso io, convinti che in questo modo potete sfuggire la responsabilità delle vostre azioni. Quante volte vi sento affermare: "Non posso farci nulla", per giustificare una vostra azione, quando la realtà è che voi volete che sia così, perché se voi voleste riconoscere cos'è che vi sta spingendo, riuscireste a modificare voi stessi in una prossima occasione similare!Quante volte vi sento affermare: "E' più forte di me", dopo aver compiuto un'azione che sapete sbagliata, sorvolando su di essa e volendo convincervi con quella frase che eravate inermi e impotenti di fronte a quello che vi spingeva ad agire! Non è vero che siete inermi e impotenti, indifesi di fronte al vostro io, queste sono solo scuse per giustificare voi stessi e continuare ad appagare il vostro padrone. Siete invece in grado di agire, reagire e comprendere voi stessi! Un ladro continuerà a rubare mascherando la sua azione dietro a una pretesa ribellione nei confronti della società, fino a quando non guarderà a viso aperto il fatto che il suo rubare non è altro che il desiderio di avere ciò che altri hanno; non è altro che invidia, possessività, aggressività, volontà di potere, che il suo io usa in quel modo per emergere e primeggiare. Ma il ladro non ruberà più allorché avrà veramente scoperto, accettato e compreso tutto questo, perché accettare la propria realtà significa essere a un passo dall'averla modificata in senso positivo. Siate dunque santi o demoni, eroi o vigliacchi, asceti o libertini, egoisti o altruisti, ma siatelo con la coscienza di esserlo e vi accorgerete che questo vi è stato necessario per comprendere certe verità che, una volta acquisite, vi porteranno gradualmente a trascendere e superare i limiti che la vostra umanità vi sta imponendo.

Nel lungo cammino che occorre percorrere per arrivare a capire come davvero dovrebbe essere applicato il conosci te stesso, arriva inevitabilmente il momento della confusione. E' un momento importante, perché se da un lato può scoraggiare chi cerca di capire e portare magari a comportamenti scorretti - che siano cioè causa di dolore - dall'altro è il momento più proficuo, perché da quella confusione potrà nascere una nuova comprensione dell'argomento e quindi di se stessi. Non posso conoscere e anticipare quali siano le tue esatte domande a riguardo (per le quali puoi contattarmi via e-mail) ma posso mostrarti quelle di una persona che prima di te si è trovata nella condizione di dover capire questo fondamentale insegnamento. Si tratta di un dialogo stile "domanda - risposta" tra un anonimo e Claudio; buona lettura.

Domanda - Hai parlato della consapevolezza. Ora, capita più o meno a tutti di avere una conoscenza del nostro intimo, sappiamo di essere in una data maniera. Ma credo che consapevolezza sia qualcosa di più. Non con un processo puramente mentale uno si accorge di essere egoista o ghiotto, ambizioso o quello che è, ma la consapevolezza dovrebbe essere anche una sapienza dell'intimo capace di portare liberazione.

Risposta - E' la stessa differenza che esiste tra conoscere e comprendere. Voi dite di sapere, di conoscere certi aspetti dell'intimo vostro; ammettiamo pure che ciò corrisponda alla realtà, ma conoscere non significa comprendere e voi dovete comprendere voi stessi. Come avviene questa comprensione?

Domanda - E' quello che volevo domandare. Avviene solo attraverso all'introspezione?

Risposta - Voi sempre cercate di sdrucciolare verso la vostra maniera di pensare, verso il vostro modo di intendere; voi cercate un modo per giungere a qualcosa. Così e per questa ragione, non comprendete esattamente quello che noi diciamo.

Voi più o meno immaginate quale è la meta ed allora volete conoscere quale è la via per giungere alla meta. Ma questa via non può essere realizzata a mezzo di una conoscenza, si deve giungere ad una comprensione. Chi può comprendere per voi? Nessuno: voi stessi. Quello che noi diciamo lo diciamo in tono generale, perché se lo dicessimo in particolare, se scendessimo a parlare delle vostre cose personali, voi direste che le nostre parole non sono vere, perché non volete comprendere. Se voi voleste comprendere comprendereste da soli. Quindi dovete comprendere l'intimo vostro. Ma come? Questa domanda ritorna sempre. " Come comprendere l'intimo nostro? "Rendendovi consapevoli, il che è molto diverso dal conoscere o sapere, come tu hai detto. Ad esempio in un amore non corrisposto si alternano gelosie, timori, violenze nel volersi imporre all'altro. Che cosa si fa allora in questa circostanza? Si cercano delle scuse. Si dice: " E' un carattere freddo, perciò non ha tanto slancio, però a modo suo mi vuole bene ". E in tutti questi pensieri si placano gelosie, timori, violenze e così via. Ma questo non significa comprendere il dolore, superare la passione a cui date il nome di amore. Se volete liberarvi da questa schiavitù dovete rendervi consapevoli, dovete essere estremamente sinceri con voi stessi, sapere esattamente senza reticenze, senza false giustificazioni, che non siete desiderati. Ciò sarà come toccare una piaga, vi sentirete offesi, menomati nell'orgoglio, nell'io ma se avrete coraggio, se riuscirete a considerare la questione non più nei termini dell'io, allora voi avrete compreso, avrete superato quella passione, l'avrete annullata alle sue stesse origini. Tale genere di passione nasce da un primo desiderio non appagato e comunque ineluttabile; questo "io voglio" produce un'autosuggestione, una montatura che vi trascina, togliendovi serenità ed equilibrio. Se voi dunque, lo ripeto ancora, vi rendete consapevoli che alla base di questa vostra passione sta l'io col suo desiderio di possedere , e vi rendete costantemente consapevoli di ciò, voi comprenderete la passione la passione e la supererete, ripeto, l'annullerete alle sue stesse origini, non ne sarete trascinati...

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