Se tu fossi davvero privo di difese di fronte al mondo e alla vita, figlio e fratello, non esisterebbe spiegazione per i sorrisi che riesci a trovare nei tuoi giorni. __ Ananda




La ragione del dolore
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Non mi dilungherò in disquisizioni sulla sofferenza che affligge questo mondo perché non servirebbe a nulla, e inoltre non credo nemmeno di averne l'inclinazione. Al contrario invece mi preme entrare subito nel vivo focalizzando l'attenzione su una questione appena sfiorata nella sezione precedente ma qui assolutamente fondamentale: il caso.

Tutto, si potrebbe quasi affermare, si riduce a questo, no? Se il caso esiste e regola le cose di questo universo, allora anche il dolore, come tutto il resto, non è dovuto altro che al caso avverso comunemente noto come sfortuna. Dalle guerre e dalle terribili malattie ai contrattempi di ogni giorno, tutto può essere spiegato con una sola parola: sfortuna. Io non lo credo, onestamente. Allargando ancora di più il concetto, chi sostiene il caso come suprema legge che tutto regola e tutto stabilisce, attribuirebbe ad esso la formazione dell'universo, e quindi la formazione della vita, per arrivare alla vita cosciente come noi la conosciamo. Mi verrebbe di fare una battuta, a questo punto. Ma con tutta la fortuna che abbiamo avuto nel nascere - perché in termini di pura probabilità la formazione della vita cosciente dal caos, o ancor più dal nulla iniziale è talmente improbabile da risultare in pratica impossibile - quando ormai il gioco era fatto, invece di farci perfetti e privi di dolore, è arrivata la sfortuna e la nostra vita ha conosciuto la sofferenza. Che ci voleva, dico io, dopo tutti questi colpi di fortuna, darci anche l'immortalità? Anzi meglio, l'assenza da dolore o, ancor di più: la Felicità ? Una vera disdetta. Credo che il mio punto di vista sia stato chiaro fin qui. Ma se davvero, invece, il caso non esistesse, o almeno non fosse l'unica causa esistente, cos'altro potrebbe dirigere gli eventi del Cosmo? Ecco una riflessione mia personale: io mi occupo di Biologia, e nei miei anni di studio ho imparato che nella natura esistono una complessità e un equilibrio incommensurabili. Una semplice cellula è infinitamente più complessa di qualunque strumento - per quanto sofisticato - che l'uomo abbia mai costruito. Un organismo, per quanto primitivo, per essere tale richiede interazioni tra miliardi e miliardi di cellule; e quindi un livello di organizzazione ancora superiore. La Natura fa le cose in questo modo, c'è poco da aggiungere. Un ricercatore sa che se la legge da lui teorizzata per spiegare un fenomeno risulta macchinosa e sgraziata - proprio da un punto di vista estetico - probabilmente c'è qualcosa che gli sfugge, che non ha capito. La Natura è complessa ma è anche armoniosa, sempre.E se sconfiniamo oltre il piano Fisico, andando a vedere cosa regola il nostro corpo o le galassie a un livello o piano più sottile? Non ci aspettiamo forse che là sussistano altre leggi, altre regole altrettanto equilibrate e complesse di quelle che possiamo misurare coi nostri strumenti e i nostri sensi? Sia chiaro, con questo non credo di dimostrare nulla in modo inconfutabile, sto solo prospettando un'idea che a me pare abbastanza ragionevole. Una di queste leggi, forse quella più semplice e più vicina alla nostra vita di tutti i giorni, prende il nome di karma.

Il karma è definibile come la legge di causa ed effetto. E' quella sorta di meccanismo che ad ogni causa da noi mossa nella vita di tutti i giorni, fa seguire un uguale e bilanciato effetto contrario. In quest'ottica si potrebbe dire che tutto è karma, vero? Provate a pensare ad una qualsiasi azione che voi possiate compiere, e abbastanza facilmente potreste pensare all'effetto che essa scatena. Nessuno studioso di Fisica - ma forse anche nessuna persona di buon senso - si sognerebbe di negare l'esistenza di un simile semplice principio alla base dell'universo. Ebbene, questo principio di azione e reazione mantiene la sua validità spostandosi nei piani più sottili, laddove idealmente si localizzano quegli "ingranaggi" che guidano gli eventi. Ma cosa c'entra in tutto ciò il dolore? Siamo ancora ben lungi dall'aver chiarito cosa sia il karma, ma posso anticipare che il dolore - così come il piacere - non è che un effetto che risponde ad una causa mossa in precedenza. Una causa mossa da chi soffre. Quello che sto cercando di affermare - e che più avanti spiegherò meglio - è che la causa del dolore non si trova in un ente supremo e maligno, non si trova nella cattiva sorte né nei cattivi governi o istituzioni. Sei tu la sola ed unica causa della tua sofferenza. Per evitare di creare confusione, facciamo delle schematizzazioni sui tipi di karma che possiamo trovare.
Ricorda comunque che ogni schematizzazione, se è vero che porta con sé una maggiore chiarezza dei concetti che si vogliono esporre, è altresì vero che spesso comporta a volte un'eccessiva semplificazione che non bisogna mai trascurare. Di nuovo dal Cerchio Firenze:

Voi sapete che tre tipi di effetto ricadono sull'individuo: quello immediato, dovuto alla materia posta in movimento; quello dopo il trapasso; quello che ricadrà nelle vite successive e che è l'ultimo, quello veramente fattivo, definitivo, che ricade sulla coscienza dell'individuo e va a colmare la lacuna che originò l'azione, la causa. Il secondo tipo di effetto, quello dopo il trapasso, impegna l'individuo nella meditazione della sua ultima incarnazione e lo pone, quindi, in uno stato di passività, di subire un effetto e non di muovere cause. Per altre entità (individui N.d.R.) v'è un altro tipo di vita nel cosiddetto aldilà; e intendo quelle creature che da poco hanno iniziato la loro evoluzione umana. Questi individui sono in uno stato simile al sonno. Come voi dormite e sognate, simile è il loro stato: essi sono spettatori di giochi visuali e sensori provocati dai loro veicoli così come avviene nel vostro sonno fisico. Perché, direte, l'individuo non muove cause quando non vive? Tutto è analogo: a un periodo di attività segue un periodo di riposo: azione e reazione. Alla Manifestazione segue il riassorbimento, al giorno la notte, e così via. Altrettanto è per la vita evolutiva dell'individuo: ad una incarnazione nella quale sono state mosse delle cause segue il trapasso nel quale vi è un riposo.


Ma allora questo karma, è una sorta di legge della punizione?
Un uomo muove una causa commettendo un reato, infrangendo un'ipotetica "legge divina" e per questo viene punito? A dire il vero accade a molti, soprattutto a chi è religioso ma non solo, di vedere i momenti di grande sofferenza e difficoltà come delle punizioni divine, ottenendo così di aggiungere alla sofferenza che già si sta patendo, anche quella del senso di colpa verso la divinità. Ecco cosa ci dice in proposito un anonimo maestro del Cerchio Firenze 77:

Innanzitutto, ricordate che karma non significa punizione. In tal caso, si dovrebbe pensare al concetto di colpa, per l'uomo. Mentre i maestri parlano, al massimo, di errore. Ormai voi sapete che la coscienza non è mai errata, semmai è insufficiente. Anche per le persone che sembrano più crudeli, non si tratta di una coscienza errata bensì di una coscienza insufficiente: per cui sono trascinate dalle loro motivazioni, dalle loro emozioni, da quello che i maestri chiamano il sentire in senso lato (ovvero l'io N.d.R.) , che non fa parte della coscienza vera, del nucleo dell'essere. Questa coscienza (che abbiamo collocato nel corpo Akasico N.d.R.) che non è mai errata, semmai è insufficiente, e poco a poco si costituisce fino a prendere il predominio su tutte quelle stimolazioni ambientali che possono appunto venire dall'ambiente, dall'educazione, dai trascinamenti di vario genere, dalle forme di fanatismo, di induzione che possono venire dalle associazioni, dalle ideologie, dalle politiche, dalle religioni e via e via. L'uomo che ha una coscienza costituita è forte in se stesso e non cede a queste - chiamiamole - tentazioni, a questi - diciamo meglio - richiami. Allora, non si tratta mai di errori o colpe, ma di insufficienze; e quindi il concetto di karma non può essere un concetto di punizione, ma sempre di correzione; di qualcosa che va all'uomo per farlo comprendere.


Anche se ormai è chiaro che gli effetti del karma non hanno altro scopo che quello di aiutarci nel processo di comprensione e quindi di superamento dell'io, e quindi di ampliamento del nostro sentire, alcune scuole di pensiero (per non dire religioni) vedono nel dolore - che non è che uno dei molti modi in cui il karma si manifesta - una sorta di prova, di test da superare per l'individuo. E di nuovo lascio la parola ad un maestro:

… l'uomo non è nel suo vivere terreno, sottoposto ad alcuna prova, perché le sue "guide" sanno benissimo in anticipo quale fortezza ha l'uomo nel suo animo, quale capacità, quale possibilità ha, o avrebbe, di risolvere una prova. Mi dite voi quale significato può avere l'interpretazione secondo cui la vita dell'uomo è una prova? Prova di che cosa? Una sorta di collaudo, atto ad accertare se l'uomo è ben riuscito?, se la creazione che Dio ha fatto dell'uomo è un'opera compiuta?, oppure se ne è uscito un aborto, forse? Ma Dio non è onniveggente? E se è onniveggente non ha bisogno di mettere alla prova l'uomo, perché sa già se l'uomo supererà o no la prova che appositamente Dio gli manda. Ed allora, quale senso può avere, per noi, l'interpretazione che la vita dell'uomo è una prova? Nessuno. La vita dell'uomo è la sua nascita spirituale. Non v'è bisogno di mettere alla prova l'uomo per vedere se è ben riuscito e quindi supererà positivamente la prova, o se è mal riuscito e quindi non avrà la forza di superarla. Ciò non ha alcun significato! Ma le vicissitudini alle quali va incontro l'uomo sono necessarie per la maturazione spirituale. Ma la macerazione che egli sopporta nella vita di ogni giorno è nettare alla sua nascita spirituale. Questo è il vero senso e la vera interpretazione della vita dell'uomo. Così, ogni dolore che l'uomo incontra nella sua vita non è una prova, perché questa interpretazione è una superstizione che voi dovete abbandonare. Se non abbandonate questa superstizione, il karma non vi sarà mai chiaro. Il karma non è una prova né un castigo. Ma è un'esperienza, una macerazione, che porta come frutto la nascita spirituale dell'uomo.

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