Libera la farfalla che è dentro di te, figlio; fa' che le pesanti catene della materia non imprigionino le tue ali; lascia che il volo della libertà ti trasporti oltre
i tuoi confini; e tutte le domande che sono dentro di te troveranno risposta
__Fabius




Il tema della libertà non si può certo considerare un aspetto secondario dell'insegnamento, tuttavia richiede un tale bagaglio di informazioni e concetti che solo ora - per chi ha avuto la pazienza di leggere le altre sezioni o molto meglio di studiare tramite i libri pubblicati questi concetti - possiamo parlarne in modo almeno un po' esauriente. Già dal momento in cui abbiamo iniziato a parlare dell'Assoluto ci siamo imbattuti in una serie di aspetti dell'insegnamento che necessitano per essere capiti un grosso sforzo di astrazione. Parlare della realtà di Dio e di tutto ciò che ne consegue non è certo fattibile mantenendo i comuni canoni di pensiero che ad ogni aspetto associano un immagine, una causa ed un effetto. Qui non ci sono immagini che non siano illusorie, e non ci sono cause ed effetti perché siamo fuori del tempo e quindi fuori da queste sequenzialità. Il concetto di libertà appare molto chiaro allo schiavo o al carcerato, mentre non altrettanto si può dire per chi vive le sua vita in una comoda casa, con un lavoro, uno stipendio e insomma conduce quella che viene definita solitamente una "vita normale". Ma basta un'analisi neanche poi molto approfondita ed ecco che la nostra libertà - senza andare a scomodare gli insegnamenti fin qui spiegati - comincia pericolosamente a vacillare. La nostra educazione, le nostre necessità (da quelle fisiologiche a quelle psicologiche), le persone che ci circondano, le immagini e le illusioni che abbiamo dentro di noi ci condizionano in ogni istante a fare, dire e persino pensare determinate cose, al punto che il concetto stesso di libertà assoluta non può che essere considerato del tutto assurdo e non attinente alla realtà delle cose. Ma quando possiamo dirci davvero liberi? Come sempre possiamo ragionare a diversi livelli e - a seconda del punto di osservazione - diverse saranno le conclusioni che potremo trarre. Dal punto di vista dell'Assoluto la libertà non può esistere in alcun modo, in quanto ogni nostra scelta, ogni nostra azione, qualunque cosa deve per forza di cose essere già in Esso contenuta, perché se così non fosse l'Assoluto non sarebbe tale. Ma se ogni scelta è già scritta nell'eterno presente ne consegue che il nostro futuro è già lì, immobile, e noi siamo degli inermi spettatori della nostra stessa esistenza, del tutto impossibilitati a qualsivoglia deviazione sul cammino che stiamo percorrendo. Su questo punto torneremo in seguito. Ma abbassiamoci un po' ad un gradino inferiore di oggettività (o un gradino superiore di illusione, se si preferisce). Di quale libertà gode la nostra coscienza? Come sappiamo essa risiede nel veicolo Akasico (nei sottopiani superiori di esso) e come tutta la materia Akasica essa giace fuori del tempo inteso come successione di minuti, ore e giorni, e come unica sequenzialità conosce quella del sentire. Dal più limitato al meno limitato. Le necessità di espansione della coscienza influenzano il nostro sentire (che collochiamo nei sottopiani inferiori contraddicendo in parte ma ampliando quanto affermato in precedenti sezioni) il quale invierà gli impulsi più adatti ai veicoli più grossolani affinché si vivano le esperienze a noi più utili. Per caso in tutti questi passaggi ne hai scorto uno che lasciasse spazio ad una decisione libera e svincolata da influenze interne o esterne? No, credo di no.
Né si vede libertà allorché si parla del karma, quella legge di causa ed effetto secondo la quale le nostre intenzioni più o meno egoistiche muovono delle cause che scateneranno effetti sulla nostra vita. Effetti che saranno i migliori per portarci a modificare in senso positivo quelle stesse intenzioni che li hanno generati. Data la facilità con cui è possibile agire in modo contrario ai propri sentimenti (in modo ipocrita potremmo dire), sarebbe assai ingenuo e sciocco un dio che si facesse ingannare da un retto agire che nasconda un assai meno retto "essere". Ma se sono le nostre intenzioni e non le nostre azioni a muovere i karma che dobbiamo vivere, che libertà abbiamo noi? Possiamo forse decidere cosa desiderare, possiamo forse decidere di essere altruisti e avere solo intenzioni amorevoli verso il prossimo? No, non possiamo, e non potendolo ne discende che non abbiamo alcuna possibilità di condizionare il karma che in questo stesso momento stiamo muovendo. E se è vero come è vero che "tutto è karma", ecco che anche da questo punto di osservazione la libertà appare come una chimera lontana e irraggiungibile. E allora abbassiamoci al pian terreno, per così dire, e torniamo coi piedi ben saldi sul piano Fisico, nella nostra realtà quotidiana. Quaggiù è il dominio dell'illusione, e ciò che osservato da un livello superiore è poco più di un riflesso in uno specchio, qui appare concreto e reale. Lo scettico un poco superficialmente potrebbe affermare: "quel martello è illusorio, ma prova a picchiartelo su un dito e capirai per quale ragione la libertà per noi, tutto sommato, esiste." O per usare parole meno ermetiche potrebbe dire che sebbene da un punto di vista filosofico "tutto è scritto", noi non sappiamo cosa è scritto e non sapendolo, ecco che viviamo l'illusione del caso, della casualità e della libertà.

Ho appositamente affiancato il concetto di caso al concetto
di libertà; infatti alla teoria del caso e della libertà sostenuta dalla nostra scienza possiamo contrapporre una teoria deterministica in cui ogni evento è la causa diretta del successivo in un meccanismo che - per quanto complesso - potrebbe in teoria essere prevedibile. Ovvio che in una tale realtà la libertà non può esistere. Ricapitolando quanto detto fin qui possiamo affermare che noi viviamo l'illusione della libertà e che fintanto che siamo qui essa è - seppur relativa a poche scelte e poche occasioni - concreta e reale tanto quanto il martello dell'esempio. Chi sarebbe così pazzo da affermare - senza ricorrere a concetti filosofici molto lontani dalla vita di tutti i giorni - di non avere nemmeno la libertà di scegliere se recarsi al lavoro in bicicletta o in macchina? Eppure da un punto di vista filosofico le cose pare che stiano proprio così, e… se possiamo accettare di buon grado il fatto che il martello dell'esempio sia illusorio, assai meno confortante è la prospettiva di una realtà nella quale sia la libertà ad essere del tutto fittizia. A pensarci bene, non è di molto aiuto il fatto che noi ancora non sappiamo cosa sia scritto per il nostro futuro, in quanto già il semplice fatto di sapere che esso è là, fisso, inevitabile, aldilà dei nostri sforzi e del nostro impegno per migliorarlo, è a dir poco frustrante e toglie motivazione all'agire, all'impegnarsi per rendere migliore il mondo in cui viviamo. Vediamo cosa può dirci Kempis (tratto dal libro "Dai Mondi Invisibili") a proposito della libertà qui, nel piano Fisico:

La libertà dell'uomo è relativa e cresce proporzionalmente all'evoluzione. Ciò è logico: infatti, se un individuo poco evoluto avesse una grande libertà, muoverebbe tante cause che lo soffocherebbero, mentre - essendo la libertà proporzionale all'evoluzione, e cioè alla coscienza - esiste un controllo naturale che restringe il campo di azione degli inevoluti in modo che questi possono muovere solo tante cause da non restare soffocati. Ma dire che la libertà dell'uomo non è assoluta, non significa che l'uomo non abbia alcuna libertà. Libertà assoluta vuol dire assenza di ogni e qualunque limitazione, come assenza di libertà vuol dire assoluta coercizione. Fra questi due estremi è compresa la libertà dell'individuo dal suo manifestarsi nel piano Fisico come cristallo, all'apice della sua evoluzione come superuomo. Non solo, ma se esaminiamo la libertà di un uomo di media evoluzione, vediamo che esiste egualmente questa scala data da:

1) Azioni che egli compie (o subisce) irrevocabilmente per karma, cioè per gli effetti delle cause che egli ha mosse in precedenti incarnazioni (assenza di libertà).

2) Azioni che egli compie per sua libertà relativa, per le quali la scelta è stata influenzata da una necessità (libertà spuria).

3) Azioni che egli compie, sempre nell'ambito della sua libertà relativa, ma al di fuori di qualunque influenza (libertà pura).

Libertà pura, naturalmente, non vuol dire assoluta. Per essere assolutamente libero, l'uomo - come prima è stato detto - non dovrebbe subire alcuna influenza in tutte le decisioni da prendersi, mentre la libertà pura si riflette in una, o poco più, decisioni prese al di fuori delle influenze. Solo nell'uomo massimamente evoluto la libertà pura si identifica con la libertà assoluta, in quanto tutte le decisioni sono prese al di fuori di ogni influenza. Riassumendo: la libertà in genere è la possibilità che ha l'individuo di mettere in atto certi suoi proponimenti. Questa libertà può essere goduta in misura diversa, cioè essere assoluta o relativa. La libertà è sempre un attributo in quanto non esiste in modo a sé stante. La libertà è una conseguenza dell'evoluzione; quanto più l'individuo è evoluto, tanto più è libero. La legge di evoluzione, invece esiste in modo a sé stante. La libertà è un attributo dell'evoluzione. E' assolutamente libero chi non patisce di alcuna limitazione. Le limitazioni possono essere di ordine intimo: mancanza di capacità; oppure di ordine esterno: impedimenti alla realizzazione di un proponimento. Ad esempio: si può avere la capacità di scrivere un romanzo, ma non avere il tempo per farlo (limitazione esterna). La misura della libertà si determina nell'attimo in cui l'individuo si propone di fare qualcosa. Ad esempio: fino a che non ci si proporrà di volare non si determinerà la limitazione che sorge dal non avere questa possibilità. L'assenza di desiderio rende l'individuo indeterminatamente libero. Assenza di limitazione significa anche non essere sottoposti ad alcuna influenza. Tale condizione si realizza in due soluzioni: l'una negativa, l'altra positiva; cioè è assolutamente libero l'individuo che è posto in un ambiente interiore ed esteriore di vuoto assoluto, o l'individuo che ha presente, con eguale intensità, il Tutto. Il libero arbitrio, quindi, non esiste in modo assoluto per l'uomo, in quanto egli è influenzato da innumerevoli fattori d'ordine intimo ed esterno. L'uomo ha un libero arbitrio relativo, in quanto gode di una libertà relativa. Il fatto che l'uomo sia sottoposto ad alcune influenze e limitazioni, non vuol dire che l'uomo sia privo di ogni e qualsiasi libertà, bensì che l'uomo non gode della libertà assoluta.


Cosa sta cercando di dirci Kempis con queste parole? A quanto pare ammette la possibilità di una libertà pura, cioè seppur confinata in un contesto limitato (quindi non assoluta), in quell'ambito dice che la libertà è completa. Cioè, in base a questa affermazione certamente siamo del tutto liberi nelle scelte "minori" che poco incidono sul corso delle vite nostre e altrui, ma assai più vincolati allorché una nostra libera scelta potrebbe muovere karmi tali da schiacciarci e/o compiere azioni tali da interferire gravemente sui karma altrui. Fin qui si direbbe che Kempis se ne stia un po' "infischiando" del fatto che da un punto di vista Assoluto ogni cosa è già presente e quindi anche ogni nostra futura scelta sia già "scritta" e predeterminata. In realtà dico subito che con questo discorso Kempis sta parlando da un punto di vista già relativo. Cioè dice come stanno le cose per chi vive nell'illusione della relatività. Un aspetto di fondamentale importanza dell'Insegnamento che va assolutamente capito per poter evitare di perdersi in tutti questi discorsi, è quello del punto di vista. Certamente una verità apparirà sempre molto diversa se osservata dal punto di vista di ciò che abbiamo definito come "Assoluto", piuttosto che dalla nostra umana e relativa posizione. Se poi aggiungiamo che tra Assoluto (Dio) e uomo (noi) ci sono innumerevoli altri punti di vista intermedi, diviene chiaro il motivo per cui di uno stesso argomento si possano dire cose opposte e contradditorie, senza perciò commettere errori di ragionamento. Tutto ciò a patto che si tenga presente sempre da che punto di vista si sta parlando. Per fare un esempio non potremmo mai parlare dei diversi piani di esistenza se fossimo costretti a tenere nel contempo conto del punto di vista Assoluto, in quanto per l'Assoluto Tutto è Uno e non esiste alcun tipo di separatività, quindi nemmeno i piani di esistenza. Ecco quindi che - nel nostro caso - si rende necessario accantonare temporaneamente lo scomodo (per quanto vero) concetto di un Dio Assoluto, al fine di spiegare come è distribuita la libertà nelle nostre vite, nell'ambito della nostra illusoria separatività. Con questo presupposto Kempis afferma che la libertà assoluta non esiste, afferma che la libertà pura invece esiste ma è ristretta a poche "questioni" nella nostra vita, e aggiunge che la libertà è proporzionata al livello evolutivo dell'individuo. Quest'ultima asserzione appare un pochino enigmatica. In base a quale principio un individuo più evoluto dovrebbe godere di maggiore libertà? Ha forse un individuo di grande evoluzione la possibilità di interferire con un nostro karma facendoci patire delle sofferenze inutili o sollevandoci da dolori che invece ci servirebbero per la nostra evoluzione? No, non è possibile ciò. E allora per capire cosa Kempis intende allorché afferma che la libertà è proporzionale all'evoluzione facciamo riferimento ad un affermazione molto illuminante sempre tratta dalla citazione precedente...

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