Ripeto qui il concetto di creazione-percezione da parte del sentire:

il Sentire - frutto del virtuale frazionamento di Dio - percepisce la divina sostanza che "lo circonda" (sempre virtualmente) a causa della sua limitatezza in modo - appunto - limitato. E sono proprio i suoi limiti che determinano il modo in cui esso percepisce, e quindi in base ai suoi limiti crea e percepisce (in un'unica azione) la realtà dei mondi che esso vive. Sentire con limitazioni simili percepiranno la divina sostanza in modi simili, ed ecco perché gli esseri umani vivono realtà che si somigliano tra loro, ma che non sono tra loro identiche. Due persone percepiranno entrambe il medesimo oggetto, ma lo faranno comunque in modi diversi sia dal punto di vista Fisico (per fare un esempio uno dei due potrebbe avere una vista leggermente migliore di quella dell'altro, o semplicemente il fatto che i punti di osservazioni tra le due persone sono differenti), sia da un punto di vista Astrale (uno potrebbe desiderare di possedere quell'oggetto, e l'altro no), sia da un punto di vista Mentale (e qua di esempi se ne possono fare infiniti, riferiti ai ragionamenti e fantasticherie che un oggetto percepito può suscitare).Ma se da un punto di vista del sentire la "via" è univoca e già tracciata - e va come sappiamo dal sentire più limitato al meno limitato - da un punto di vista del sentire in senso lato esistono dei "bivi", delle possibilità di scelta che portano a catene di eventi tra loro alternative, ed ecco appunto le varianti. Si genera un bivio - una variante - ogni volta che la successione logica degli eventi lo impone. E questo forse basterebbe come presentazione delle varianti. Esse non sono altro che il mezzo "materiale" attraverso cui si realizza la libertà di scelta che abbiamo nella nostra vita di tutti i giorni. Ma mi rendo conto che questa presentazione apre le porte forse a più interrogativi di quanti ne risolva in effetti. Ciò in cui io trovo personalmente più difficoltà è l'applicazione alla realtà con la erre minuscola di tutti i giorni… per esempio: in ogni singolo istante quante sono le diverse maniere in cui la realtà può concretizzarsi? Leggo un libro o guardo la tv? Mi alzo e guardo fuori dalla finestra o resto seduto dove mi trovo? E via via sempre più nelle cose minori, noi in ogni momento prendiamo più e più decisioni che in sé possono anche sembrare insignificanti ma che contengono i semi della scelta successiva e che alla lunga possono, seguendo la logica successione con cui si verificano gli eventi della nostra vita, portare a conclusioni e sviluppi davvero molto diversi tra loro. Così diversi che non è accettabile che noi si abbia una tale libertà di poterli condizionare con delle semplici inconsapevoli decisioni. Guardo fuori dalla finestra invece che restare dove sono, ed ecco che scorgo mia moglie che si bacia col suo amante. La mia vita cambia. E quindi? Potevo non assistere a quella scena? Sarebbe assurdo che un tale evento di così grande portata fosse affidato al caso… se così fosse tutto questo mio gran parlare e pontificare andrebbe a carte e quarantotto. Che ordine ci sarebbe nel creato se tutta la mia vita fosse affidata al mio spesso fallace o del tutto inconsapevole discernimento? E se poi si pensa agli intrecci che si hanno con le scelte degli altri (anch'esse fallaci e inconsapevoli), ecco che il caos crescerebbe esponenzialmente… no; non ci siamo. E che dire di quelle scelte davvero insignificanti? Sono ad un macchinetta del caffè da solo. Nessuno mi vede. Inserisco una monetina e mi trovo davanti il display che dice "selezionare la bevanda preferita". La successione logica degli eventi qui pretende una variante, vero? Prendo un caffè o un tè? Qui non ci sarebbe nessun problema a mettere una bella variante, la vita di nessuno - a meno di qualche strana combinazione di eventi eccezionali che possono essere immaginati solo con una buona dose di fantasia - sarebbe condizionata dalla mia scelta. Allora la conclusione del ragionamento sarebbe che le varianti sono possibili solo quando:

1) La successione logica degli eventi lo impone.

2) La scelta non rischia di condizionare eccessivamente lo svolgersi dei Karma individuali e generali, al punto da creare un caos incontrollato.

Bella libertà, vero? Non possiamo scegliere chi sposare, che lavoro fare, che amici avere, che religione professare… ma possiamo sempre scegliere se berci un tè o un caffè … a meno di casi eccezionali, s'intende. Che qualcosa ancora non quadra è fin troppo evidente. Allora proseguiamo il nostro ragionamento usando un nuovo punto di vista, però. Quello degli altri. Poniamo che io mi affacci alla finestra - per tornare all'esempio di prima - e veda la mia consorte baciarsi col suo amante… è chiaro che questo scatenerebbe in me un vulcano di reazioni interiori ed esteriori tali che sconvolgerebbe la mia esistenza (almeno nella maggior parte dei casi)… e non è logicamente ammissibile che questo abbia effetto solo su di me. Mia moglie, l'amante, i figli, chi passasse di lì per caso mentre faccio una scenata di gelosia… l'avvocato divorzista, i parenti… la lista di persone più o meno intensamente coinvolte sarebbe davvero lunga prima di arrivare così lontano da poter considerare gli effetti di un evento simile davvero trascurabili. Non dimentichiamo poi che la cosa importante è la reazione interiore. Forse può apparire trascurabile per il tizio che passa di lì e sente tutto, ma chi vi dice che quella persona non stia a sua volta tradendo il partner e che in seguito a questa scena cui ha involontariamente assistito non prenda consapevolezza di quello che ha fatto, decidendo così di porre fine alla sua relazione? E questo secondo evento quale pioggia di successive concatenazioni logiche di eventi porterebbe a creare? C'è davvero di che perderci la testa. Quindi sembra proprio che un Universo ordinato e causale , non vada per nulla d'accordo con la libertà. Pare che la libertà - anche se piccola e relativa - porti sempre con sé una dose di casualità, la quale reca con sé prima o poi e inevitabilmente, il caos. Come ne usciamo con l'ausilio della nostra limitata logica? Ed ecco che arriviamo ad un punto molto difficile da capire, almeno per il sottoscritto. Lo esporrò con una domanda tanto semplice quanto enigmatica, lasciando al lettore la voglia e la pazienza di tentare di venirne a capo. Ecco la domanda: Chi ti dice che tua moglie - quella che nell'esempio hai visto dalla finestra baciarsi col suo amante - abbia assistito alla tua successiva scenata? Chi ti dice che lei, nella sua realtà, non abbia per esempio deciso di troncare la sua relazione diciamo il giorno prima di quell'infausto momento? Ma siamo davvero così certi che quando noi prendiamo una decisione che possa cambiare sul serio il corso delle vite anche altrui, questi altri subiscano queste scelte? Quello che sto cercando spiegare è la possibilità che mentre noi viviamo la variante "tradimento svelato", un altro potrebbe vivere una variante diversa, in cui il tradimento è invece stato interrotto prima che si realizzasse l'evento in cui veniva svelato.

Abbiamo detto - o meglio lo ha detto Kempis nel pezzo che ho riportato - che anche le varianti non vissute, che noi escludiamo, si realizzano comunque con tanto di azioni, sensazioni pensieri e così via. Non pensare che il te stesso della variante non vissuta sia una specie di zombi, privo di calore umano… esso per chi lo osserva è vivo e reale tanto quanto il te stesso di questo momento, ed è in grado di vivere realizzare tutte le situazioni cui è posto innanzi. Ed è pure collegato al tuo sentire esattamente come è collegato il tuo io attuale… se devo essere sincero - sebbene Kempis abbia affermato che solo una delle varianti viene percepita - nulla di ciò che compone l'individuo lascia intendere quale sia la reale differenza tra la variante percepita e quella non vissuta. Entrambe dotate di un corpo Fisico, Astrale, Mentale… e facenti entrambe a capo di una (e una sola) Coscienza. Tuttavia continua a sostenere che noi ne percepiamo una sola, mentre l'altra esiste solo per chi la percepisce esternamente e naturalmente per la coscienza così grande da poter contenere tutte quante le scelte possibili: ovvero la coscienza cosmica (e ancora di più quella Assoluta), che contiene e trascende tutti i fotogrammi del Cosmo, siano essi vissuti o meno (ma su questo torniamo tra poco). L'unica conclusione cui al momento riesco a giungere è tanto pazzesca quanto univoca ai miei occhi. E cioè che noi in realtà viviamo tutte le varianti possibili anche se quando siamo quaggiù - limitati nella nostra percezione - crediamo di stare vivendo una sola delle possibili scelte. Dico subito che Kempis a questo punto mi tirerebbe le orecchie, ed ecco che riporto qui sotto quale invece è la sua opinione in materia:

Dicevo della duplice attività del sentire: l'una di creazione o di estrinsecazione, l'altra di percezione o di consapevolezza. Ora, il quesito sulle varianti ci fa riflettere che il processo di creazione o estrinsecazione o manifestazione non sia necessariamente legato alla percezione; cioè che il sentire possa creare e il creato possa non essere percepito. D'altra parte, siccome il sentire è unitario, non può essere che della sua duplice attività una venga a mancare in assoluto; almeno una creazione, quando le creazioni sono molteplici, deve essere percepita. Non così necessariamente delle altre. Ma quando è che il sentire ha creazioni molteplici? Tutte le volte che un fatto logico lo impone. E perché delle creazioni una sola è percepita? Perché il fatto logico lo esclude. Ossia, le creazioni non sono complementari, ma sono alternative. Nella successione logica, o nella catena deterministica, l'uomo può fare così o così, l'equazione si può risolvere così o così, a scelta. Ripeto: tutte le volte che la successione logica lo impone , nella fase di creazione, le creazioni del sentire sono molteplici; mentre nel processo di percezione, essendo alternative, una sola è percepita, proprio perché ognuna esclude le altre.


Se è vero che una cosa per esistere deve essere l'oggetto o il soggetto di una percezione, chi percepisce allora le varianti non vissute? Kempis risponde così:

Ricordate quando affermammo che l'intera realtà di una situazione comune a più sentire è conosciuta solo dal sentire che, per ampiezza, contiene tutti i sentire legati a quella situazione? Ebbene, la risposta è in questa affermazione. Sicché tenendo presente che il discorso vale per tutti i sentire di tutto il cosmo, qual è il sentire che per ampiezza può contenere tutti i sentire di tutte le situazioni cosmiche, tutta la realtà cosmica, se non la coscienza cosmica? E qual è quel sentire che nell'ambito del suo ambiente comprende tutti i sentire e quindi non è individualizzato, se non la coscienza cosmica? Dunque, la coscienza cosmica sente l'intera realtà cosmica, non solo qual è percepita dai sentire relativi che la costituiscono ma, per il principio di trascendenza, anche quello che pur non essendo percepito, deve esistere per la completezza dello sviluppo del costrutto logico.


Se non m'inganno, questo lascia in sospeso la questione del "come" in effetti si estrinseca questa scelta. Un ipotetico osservatore esterno come potrebbe capire per quale delle varianti si è optato? Tutte le varianti sono complete di tutti i veicoli, e quindi cosa le differenzia? E se nulla le differenzia, com'è possibile che il mio sentire ne viva una solamente? Questi e altri sono i quesiti che un simile argomento lascia in sospeso nella mia mente. Che posso fare, quindi, se non lasciare a future riflessioni e letture il compito di andare più a fondo in questo affascinante argomento? E' ora però necessario chiarire un ultimo aspetto del concetto di variante, prima di chiudere questa sezione. Riporto a tal proposito un intervento di Scifo (dal Cerchio Ifior tra da "l'Uno e i Molti", Volume IV°) che ci spiega e chiarisce un comune errore di interpretazione. Il pezzo è preso tal quale da un dialogo in stile domanda e risposta, e lo riporto per intero qui sotto:

Domanda: Scifo scusa, visto che ne hai accennato: tra libero arbitrio relativo ed eventualmente la variante, come si può dare una definizione più esatta?

Scifo: Aspettavo con gioia questa domanda! Dunque; c'è stata una cosa che mi ha fatto rabbrividire: ad un certo punto qualcuno ha lanciato l'idea - dandola per buona all'80% per lo meno - che vi è una variante nel comportamento dell'individuo. La variante non è nel comportamento dell'individuo! E' la situazione in cui l'individuo si viene a trovare che può essere diversa! La variante non è determinata da come l'individuo si comporta, ma è l'individuo che segue una certa variante a seconda del suo comportamento. Riuscite a capire? E' ben diversa la cosa. Quindi non potete dire: "Io cambio variante comportandomi in un certo modo". No, non è assolutamente vero, non è così. Non è cambiate variante cambiando il vostro modo di fare, è semplicemente che vi sono le diverse varianti pronte in quel determinato punto in cui voi potete andare, e voi andate a seconda del vostro sentire di quel momento, ma l'esistenza della variante non è una conseguenza che deriva dal vostro comportamento.

Domanda: Però, ad esempio, affrontando una situazione in un modo o in un altro, uno si immette in situazioni differenti.

Scifo: Ah, questo sì; ma che esistevano già indipendentemente da lui! Non è l'individuo, col suo agire, che crea le varianti; le varianti - si potrebbe dire - "erano prima che l'uomo fosse" (citazione ad una celebre frase di Kempis N.d.R.).


Quindi questo per sottolineare il fatto che le varianti non sono una conseguenza - un prodotto - dell'agire dell'individuo, ma che esistono già in modo indipendente (in un certo senso) e che l'individuo ne segue una piuttosto che un'altra a secondo… a secondo di cosa? Certamente possiamo trovare molte influenze che intervengono al momento in cui si imbocca una variante piuttosto che un'altra (ne abbiamo già parlato), ma credo alla fin fine si possa far risalire tutto quantomeno al Sentire di coscienza dell'individuo. Il Sentire che invia i suoi impulsi ad agire in un modo o nell'altro (ricordo che con "agire" intendo anche il provare emozioni o pensare qualcosa) col fine di metterci in situazioni tali che siano le più favorevoli possibile ad acquisire la comprensione che manca alla nostra coscienza. Quindi si tratta di un condizionamento, ma dato che parte da noi stessi, dalla nostra parte più vera - e dato che quindi siamo noi a condizionare noi stessi - possiamo in questo senso parlare di libertà (la libertà è anche definita come autodeterminazione). O da un altro punto di vista possiamo ancora dire che - e attenzione a questa frase - siamo liberi di applicarci con più o meno impegno a migliorare noi stessi, conoscendoci, e così facendo di modificare il nostro Sentire, il quale a sua volta ci farà imboccare varianti meno dolorose, perché avrà meno necessità di stimolarci a comprendere.Anche se a ben guardare persino la propensione più o meno spiccata ad impegnarci nel "conosci te stesso" è - ancora una volta - condizionata dal nostro attuale Sentire. Dopo tutto questo mio gran parlare, ci si domanderà infine cosa abbiamo concluso e se in ultima analisi esiste o no la libertà. Cosa rispondere dopo tutto questo a chi ci chiedesse se e in che misura siamo liberi nelle nostre scelte all'interno della nostra piccola ed illusoria realtà? Chi si domanda questo - e avverte in modo impellente la necessità di rispondere a questo importante interrogativo - è probabile che se lo chieda perché si stente in qualche modo limitato nella sua libertà, costretto dagli eventi esterni a condurre una certa vita, e vorrebbe probabilmente trovarsi in una situazione differente. Ecco io direi che per tutte le cose in cui ci sentiamo limitati nella nostra libertà di azione, per tutte le cose che vorremmo o che pensiamo che dovremmo fare, e che invece non facciamo, credo sia molto utile sapere che siamo noi stessi a toglierci quella libertà di intervento. Che la causa di questo sensazione di "schiavitù", è ancora una volta dentro noi stessi (nei nostri limiti e paure), e non in qualche astratto concetto filosofico né tantomeno in un Dio malvagio. Chiudo qui questa sezione, sempre con la speranza di essere riuscito a comunicare - poco o tanto che sia non ha importanza - quello che ho capito di questo tema. Come sempre per approfondimenti e migliori comprensioni rimando ai libri da cui sono state tratte le citazioni, certamente (non avere dubbi in proposito) fonti più chiare e corrette di questo sito.

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