Per quanta fantasia tu possa possedere, figlio mio, non eguaglierai ma la fantasia di chi ha saputo creare miliardi di storie tutte diverse l'una dall'altra __René




Dall'Assoluto al relativo
.
Questa sezione ci porterà ad affrontare - in modo come sempre molto semplificato e necessariamente un po' impreciso - il lungo cammino logico che ha inizio col concetto di Dio e che si dipana mostrandoci nuovi aspetti degli insegnamenti fornitici in particolar modo dal Cerchio Firenze 77, fino a giungere al "relativo", ovvero alla realtà contingente, di tutti i giorni, che noi ben conosciamo.

Un cammino quindi dall'Assoluto al relativo. Prima di gettarci a capofitto in un argomento di tale portata è bene dare subito un paio di coordinate riguardo a come porsi di fronte a questa questione d'importanza capitale. Qui ci troviamo di fronte a quelli che sono i fondamenti di tutto l'insegnamento delle Guide, e come ogni assunto di partenza per un qualsiasi ragionamento logico, sono assunti indimostrabili. Se esistesse un ragionamento che li dimostra, questo ragionamento avrebbe a sua volta degli assunti di partenza che non sono dimostrabili… e così via. Ci si potrebbe allora domandare per quale ragione accettare questi assunti invece di quelli che ci vengono proposti dalle religioni ufficiali o dalle sette che si possono trovare con così tanta facilità di questi tempi. Rispondo dicendo che questa scelta può - e a mio avviso deve - essere fatta semplicemente basandosi sul proprio personale buon senso. Cioè se ci si libera di quelli che sono i condizionamento sociali - ciò a cui ci hanno educato quando eravamo piccoli ma non solo, anche più avanti nella vita adulta - se ci si libera da desideri di gratificazioni egoistiche che ci mostrino una realtà nella quale noi siamo dei semidei o comunque creature in qualche modo predilette rispetto alle altre, se insomma ci si libera di ogni influenza interna ed esterna rimanendo, come spesso ci dicono le Guide, "soli e semplici", e si fa affidamento solo sul proprio raziocinio, si arriva necessariamente non alla Verità ultima (che per l'uomo non può che essere irraggiungibile) ma si arriva alla propria verità. Che è la verità più ampia che possiamo accettare dato il nostro livello evolutivo, ed è esattamente il massimo cui chiunque possa aspirare. Evolvendo, verità più ampie si dischiuderanno sul nostro cammino. Tuttavia se invece si decide di credere ad una certa religione o setta per compiacere i genitori, gli amici o anche solo se stessi, è ovvio che non si possa che trovare illusione. In fin dei conti ognuno ha quello che vuole: chi desidera verità avrà verità, e chi vuole l'illusione potrà trovarla davvero in quantità, soprattutto nella società di oggi. Parlando del conosci te stesso ma anche dell'organizzazione della materia dei diversi piani di esistenza, abbiamo usato più e più volte il concetto di vibrazione. Molte Guide spirituali parlano preferibilmente di "energie" piuttosto che di vibrazioni, ma è assai facile per chi ha nozioni di Fisica neanche poi molto approfondite, sapere come la vibrazione sia un modo di vedere l'energia, al punto che i due termini - vibrazione ed energia - diventano quasi sinonimi. Il vantaggio che però ha il parlare di vibrazione è che rende molto più facile visualizzarla come qualcosa che interagisce, che si somma ad altre vibrazioni, che si annulla se ne incontra una opposta, etc… Inoltre la vibrazione è collegata alla materia che - vibrando - la produce. Ragion per cui una vibrazione Mentale sarà più sottile di una Astrale proprio perché la materia da cui si origina è a sua volta più fine e rarefatta.

Tutti concetti assai intuitivi se si parla di vibrazione, un po' meno se si usa il termine "energia". La vibrazione è alla base dei nostri moti interiori di tutti i giorni; ogni nostra emozione, ogni sentimento e pensiero è in realtà costituito da vibrazioni che si stanno "spostando" e stanno interagendo tra loro. Ciascuna vibrazione è in realtà il prodotto di altre più o meno sottili che hanno precedentemente interagito tra loro. Se in un dato momento proviamo rabbia, per esempio, la causa è di solito da ricercarsi - parlando in termini di vibrazioni - in un impulso vibratorio che giuntoci dall'esterno (ma non necessariamente) ha incontrato un nostro quadro vibrazionale particolare - magari particolarmente turbolento - e il prodotto di questo incontro/scontro di vibrazioni ha originato il nostro sentimento aggressivo. Questo per dire - restando nell'esempio - che chi crede che la propria rabbia per una particolare situazione sia dovuta e inevitabile data la situazione, in realtà si sbaglia di grosso. Se ti arrabbi è perché il tuo stato interiore è di un certo tipo, e se tu fossi - per esempio - più equilibrato proveresti assai meno aggressività o addirittura non ne proveresti affatto. Le cause delle situazioni che viviamo giacciono sempre dentro di noi. Chiarito che ogni vibrazione è il prodotto di altre, le quali a loro volta si sono originate da altre ancora… dove ci porta tutto ciò? Quale mai sarà il motore primo che ha scatenato tutto questo vibrare e interagire, tutto questo movimento. Quale sarà la prima causa o primo movimento? Dio, naturalmente. Se non si accetta e non si capisce - necessariamente solo in parte - quale può essere questa prima causa, non vedo come si possa dire di credere e di accettare l'insegnamento, almeno da un punto di vista logico. Chi vi dicesse che ha accettato l'insegnamento per la sua logica e razionalità, e poi non sapesse dare neppure una sommaria rappresentazione di Dio che renda conto di una simile realtà, starebbe probabilmente illudendo se stesso chiamando col nome di logica qualcosa che invece logica non è. Abbiamo detto che essa parte da Dio. "Ma che razza di Dio sarebbe?" si chiederà chi analizza con spirito critico l'insegnamento fin qui esposto. Un Dio che - seppure tramite i nostri veicoli grossolani - ci porta vivere esperienze che il più delle volte ci fanno soffrire. Che necessità c'è poi che noi si comprenda e si evolva? Perché Egli non ci ha creati da subito perfetti e felici? Ebbene, è il momento di precisare che Dio non "fa", non "crea", ma semplicemente E' . Puoi scegliere di credere in un Dio con la barba bianca che se ne sta seduto su di una nuvoletta, puoi scegliere di credere in un'entità astratta ma dotata di un immenso potere e una grandissima conoscenza, ma che è avulsa, separata, dalla sua stessa creazione, e quindi è da essa limitata. Oppure puoi scegliere che Dio sia Assoluto. "Assoluto" vuol dire che non ha limiti di nessun tipo. Un'entità assoluta semplicemente esiste, eterna (cioè fuori dal tempo).

E' chiaro che poter parlare di una cosa del genere è impossibile, volendo rimanere corretti al 100%, perché qualunque carattere le si attribuisse la si limiterebbe, togliendole quel grado di assolutezza che è invece la sua unica prerogativa "certa". Chiarisco questa mia ultima affermazione con un esempio: se dicessi che Dio è buono e misericordioso, escluderei dalle sue qualità la cattiveria e la spietatezza (che sono gli esatti contrari). Ma come possono la cattiveria e la spietatezza non essere anch'essi parti di Dio? Quante creature hanno raggiunto immensi traguardi evolutivi (con conseguente abbandono la ruota delle nascite e delle morti) tramite questi sentimenti apparentemente negativi? E se questi caratteri non fossero parte di Dio esso non sarebbe completo, sarebbe mancante di queste parti che sono sgradevoli solo da un limitato punto di vista umano… Dio cesserebbe così di essere Assoluto. Quindi permettimi - a me ma anche ai maestri in questo caso - di commettere "errori su errori" per rendere il ragionamento più chiaro. Kempis del Cerchio Firenze 77 ci parla di questo Dio:

Dio può essere concepito in vari modi: come causa ed origine del Tutto, come ordinatore di un caos preesistente, come Essere da cui traggono origine tutti gli altri 'esseri', come Essere immanente nella realtà esistente e via via. Fra tutte le concezioni valide, serie di Dio, esistono dei punti di contatto; questi punti sono costituiti dai caratteri che si riconoscono a Dio e cioè: il carattere di Assoluto, Infinito, Eterno, Immutabile. Ammettendo uno di questi caratteri, non possiamo non ammettere gli altri perché è dire la stessa cosa: cioè, non posso pensare ad un Dio Assoluto, senza pensare che sia infinito, o non ammettere che sia eterno; allo stesso modo non posso credere che Dio sia eterno - cioè senza tempo perché "eterno" significa questo - senza ammettere implicitamente che Dio è immutabile, perché sarebbe una contraddizione in termine pensare a Dio Eterno che mutasse. Per noi Dio è il Tutto-Uno-Assoluto che E', e ciò significa appunto fra l'altro che Dio è Eterno Infinito ed Immutabile. Dio solo è la Realtà totale, la Realtà assoluta, e solo Dio è eguale a Se stesso. L'emanato, pur essendo parte di Dio in Dio, proprio perché parte, non è la Realtà totale, non è Assoluto, quindi è relativo. Il tempo e lo spazio appartengono all'emanato, quindi sono relativi. Osservando l'emanato noi lo vediamo in continuo mutare, in continuo trasformarsi. Ora se questa mutazione fosse reale, Dio intero muterebbe e non sarebbe più immutabile e non sarebbe più eterno, più assoluto. Dunque deve trattarsi di un "apparire", ma non "essere"; ora questo apparire ma non "essere" come appare, corrisponde esattamente al contrario di ciò che noi abbiamo definito Realtà (la Realtà è ciò che è e non ciò che appare); per cui possiamo concludere che il mutare, il divenire, sono illusori; e se la Realtà è - e non può essere diversamente - senza durata, e l'illusione suo contrario (che non significa opposto, badate bene), finisce.
L'illusione quindi, che sarebbe l'apparenza di una realtà, parte della Realtà totale, finisce. Sicché il mutare, il divenire, il tempo, lo spazio e il trasformarsi sono relativi, illusori, e finiscono. E non potrebbe essere diversamente! Un tempo ed uno spazio senza fine sono un assurdo. Solo dove tempo e spazio non esistono possono non esistere limiti ad essi, perché tempo e spazio sono il risultato di limiti e non possono esistere senza di questi.

Come sempre chi ha nozioni scientifiche - e ancora una volta di Fisica - avrà meno difficoltà a capire il concetto secondo cui spazio e tempo sono il prodotto di ciò che li limita. In realtà la nostra scienza ha scoperto che lo spazio è il prodotto dei corpi che lo occupano e che senza oggetti, nel vuoto assoluto (che è solo teorico perché in realtà non esiste) non ci sarebbe nemmeno lo spazio, e quindi non si avrebbe lo spazio vuoto, bensì assenza totale di spazio. Se la tua mente non riesce a capire fino in fondo è perfettamente normale, non credo sia possibile per noi abbracciare fino in fondo concetti simili col solo ausilio di una mente soggetta ad eventi e regole ben diverse da quelle sopra esposte. Quindi Dio è assoluto, ed è l'unica realtà che esiste, immutabile e fuori dal tempo e dallo spazio. Le considerazioni che discendono da una simile definizione sono a dir poco sconvolgenti se solo ci si sofferma a riflettere. Io non esisto, tu non esisti, il monitor che stai fissando non esiste, come non esistono neppure i pensieri che in questo momento stanno attraversando la tua mente. Tutto ciò che conosci non esiste se non nell'apparenza della tua percezione, perché l'unica cosa che si può fregiare dell'aggettivo di "Reale" aldilà di ogni illusione, è la divina sostanza indiversificata, o Dio. Dio infatti non può che essere anche "omogeneo", nel senso che nessuna parte di Esso può essere messa in evidenza sulle altre o può distinguersi in qualche modo; questo discende sempre dal fatto che si trova aldilà dello spazio, oltre la molteplicità e le diversificazioni della nostra realtà. Oltre la molteplicità c'è l'Unità, o semplicemente l'Uno. L'immagine di Dio che ci si crea di fronte a questa descrizione è di solito quella di una specie di spazio grandissimo e omogeneo, magari luminoso, chiamato Dio. Creare un immagine di ciò che di cui si sta parlando - per quanto non possa che essere molto approssimativa - può comunque essere d'aiuto purché non si finisca col non riuscire più a staccarsi da questa stessa immagine necessariamente sbagliata, credendo che essa corrisponda alla verità. Ciascuno di noi - si obbietterà - sente di esistere ed è anche certo della realtà di ciò che percepisce… mentre di questo Dio assoluto non si vede e non si sente nulla, e quindi la cosa può risultare anche parecchio difficile da accettare. "Come è possibile che io non esista?" mi chiedevo quando cercavo di capire questi insegnamenti. E se io esisto oggettivamente, Dio è da me limitato e quindi non è più assoluto. Se io sono reale oggettivamente così come mi percepisco, e dato che sono parte di Dio, il mio mutare nel tempo comporta che anche Dio muta con me nel tempo, e ciò ancora una volta gli toglierebbe quel carattere assoluto, perché un Dio perfetto che mutasse si allontanerebbe dalla perfezione. E se invece si avvicinasse alla perfezione vorrebbe dire che prima non era perfetto… e comunque si volesse "girare la frittata", non potrei in ogni caso considerarlo più assoluto. E' il momento di cercare di far capire come la molteplicità del nostro mondo possa coesistere come concetto con un Dio Assoluto. Lascio di nuovo la parola a Kempis, ma prima di farlo devo specificare il significato di due termini di solito usati in filosofia, e qui ripetutamente sfruttati da Kempis. La cosa si fa un po' difficile ma è talmente importante che vale qualsiasi sforzo necessario a comprenderla. I termini sono "immanente" e "trascendente". Non ho alcun interesse a dare una definizione che appaia formalmente corretta (per farlo basterebbe copiare il vocabolario e tra l'altro sarebbe per me anche più facile), bensì ci tengo che si capisca in che senso - con quale significato - sono usati qui questi due termini. Kempis ci parla di due ipotesi per spiegare Dio: un Dio trascendente è un Dio che va oltre alla realtà del nostro universo e dei piani di esistenza (ciò lui chiama "il manifestato") ed è quindi avulso dalla nostra realtà, nel senso che la realtà così come noi la conosciamo non è parte di Dio; molte religioni considerano Dio come puramente trascendente. Un Dio invece immanente è più vicino all'ipotesi in cui la realtà così come noi la conosciamo è invece "la sostanza" di Dio… cioè Dio E' la realtà che noi percepiamo (compresi tutti i vari ed eventuali piani di esistenza) e nulla di più. Un Dio immanente non avrebbe creato i cieli e la terra, ma sarebbe i cieli e la terra. Per chi sa qualcosa di filosofia questa è l'ipotesi panteistica, detta in parole molto povere ma spero anche chiare. Ora possiamo sentire cosa ha da dirci Kempis in proposito...

»

(Torna Su^)