Quando comprenderò con tutto me stesso che "Tutto E' Uno" che sarà di me, Padre?
Tu non avrai più la tua famiglia, ma ogni uomo, animale, pianta, cristallo,sarà un membro della fratellanza universale.

Non ti vedrò più lavorare al fine di raggiungere maggior prestigio e maggior guadagno, ma il tuo lavoro sarà eseguito nella coscienza di contribuire, nel tuo possibile, a creare un mondo in cui la mia voce sarà la voce del Tutto. Non avrai più amici perché non considererai più alcun nemico: e quando darai, lo farai senza bisogno che il dare ti venga richiesto e senza che esso venga dettato dai tuoi bisogni personali. Non avrai più padroni, dipendenti, superiori e inferiori, ma in ogni altro tuo simile tu vedrai te stesso in una delle tante tappe che avrai percorso o che dovrai ancora percorrere. Le tue preghiere non avranno più un indirizzo e una forma, ma la tua vita, i tuoi pensieri, le tue parole e i tuoi sentimenti diverranno essi stessi, senza intenzione, preghiere. Perderai, la passione, l'orgoglio, l'invidia, tutto quello che hai o che desideri avere.
Il desiderio, la presunzione non ti spingeranno confusamente verso la ricerca di me perché io ti apparirò presente in tutto ciò che ti circonda e ciò che io ad ogni istante ti donerò ti basterà per sentirti appagato, unito e inscindibile da ogni creatura che io ho posto per te sulla tua via. Non avrai più bisogno di chiamarmi, di cercarmi, di adularmi, di combattermi, di rifiutarmi, di accettarmi, di capirmi, perché io sarò te e tu sarai me in un modo così profondo che di nient'altro avrai bisogno che di questa consapevolezza. Se sorriderai diventerai il mio sorriso, se porgerai aiuto sarai la mia mano, se consolerai sarai una mia carezza, se accetterai un'offesa sarai la mia carità, se parlerai sarai la mia voce, se abbraccerai sarai la mia dolcezza, se sopporterai sarai la mia pazienza, se perdonerai sarai la mia pietà, se amerai sarai il mio amore e ciò che darai ad ogni mio atomo Ci apparterrà per sempre, figlio mio.

Viola

 

Figlio mio, è il momento di cambiare qualcosa, è il momento di imparare a camminare veramente senza più essere tenuto per mano, è il momento del ripensamento, della riflessione, della meditazione per comprendere che tu non sei qua per godere delle cose della materia, per godere degli ori, dei brillanti, degli oggetti più o meno belli che la mente umana ha creato, ma è il momento per incominciare a credere che c'è qualcosa di più che giace al tuo interno, qualcosa che ti unisce inevitabilmente a tutti gli altri, anche a quelli meno simpatici, anche a quei figli che in cuor tuo eviteresti di incontrare, anche a quei fratelli a cui, spesso e volentieri, per una ragione sciocca e banale, volti le spalle.
E' il momento di comprendere che ciò che ti circonda è fatto anche per te e se, magari, io ti ho fatto perdere momentaneamente un affetto caro, ti sto dimostrando che quel fiore, quella stella, unica che brilla in cielo, è tua, così come essa appartiene a tutti gli altri tuoi fratelli. E' il momento in cui, figlio mio, devi cercare di sforzarti di capire che soltanto sorridendo agli altri, che soltanto essendo disponibile nei confronti di tutti gli altri riuscirai veramente a scavalcare, a superare la sofferenza, anche quando questa sofferenza porta il nome "morte".

Viola

 

E già - dice colui che soffre - parole belle, parole sante e verissime... forse! Ciò non toglie che parli e, intanto, non soffri; io, invece, conduco la mia vita e soffro in continuazione! Avrai anche ragione a dire quello che dici, però quando sei all'interno della sofferenza, quando la sofferenza la vivi in prima persona non è poi così facile pensare agli insegnamenti e dire "tanto è il mio Io che soffre... e buona notte al secchio!". Se, infatti, io osservo la vita che sto vivendo, vedo che la sofferenza, il dolore costellano ogni attimo delle mie giornate, non sono una cosa passeggera che dura un istante, che dura un giorno, una settimana, o un mese: fosse così sarebbe anche facile, in fondo, non lamentarsi e sopportare, per quel breve periodo di tempo. In realtà, la sofferenza è come una goccia che cade in continuazione e intanto approfondisce le ferite, impedendo che si rimargino... questo, almeno, dal mio punto di vista.
Che so io... mi guardo intorno, guardo la televisione, leggo i giornali, osservo la società così com'è strutturata e, inevitabilmente, mi ritrovo davanti la sofferenza, sofferenza che è magari degli altri ma che si ripercuote inevitabilmente anche al mio interno: soffro per le persone morte in un terremoto, soffro per le persone assassinate, rapite, sequestrate, soffro per i vecchi abbandonati, per i malati, per le persone che hanno perso dei figli o dei compagni o dei genitori, soffro per la gente povera che viene alla fin fine persino derisa da chi ha di più, soffro per l'ingiustizia che vedo continuamente intorno a me, per coloro che tutto hanno e coloro che, invece, non riescono ad avere nulla e, purtroppo, questa sofferenza non mi riesce proprio di superarla. E allora le tue belle parole a che cosa mi servono a questo punto, cosa me ne faccio, che senso hanno per me?

Scifo

 

... Senza dubbio, figlio che ti trovi incarnato e vivi la sofferenza, posso comprendere come il fatto di soffrire ti renda così difficile accettare ciò che vedi intorno a te. Tuttavia - lo ripeto ancora - la sofferenza ha la funzione di spronarti e non di limitarti a brontolare o a fare del vittimismo, di aiutarti a fare qualcosa di attivo, di fattivo affinché le cause di questa tua sofferenza, un po' alla volta, si leniscano, in modo che tu ti senta in una posizione costruttiva, e non in quella di chi subisce senza nulla poter fare. Tu parlavi della sofferenza che provi per essere inserito in una società che ti comunica soltanto sensazioni di dolore. Bene, figlio, l'errore principale che tu commetti è quello di aspettare che siano gli altri a fare qualcosa: di aspettare che sia lo Stato ad aiutare la gente; di aspettare che siano gli uomini politici a fare le leggi; di aspettare che siano gli uomini della religione a consolare; di aspettare, insomma, che gli "altri" facciano qualcosa per alleviare la sofferenza.Ma pensa bene, figlio mio: chi ti dice che, in realtà, gli altri che con te sono incarnati non stiano a loro volta aspettando che sia tu o altri a loro esterni a fare ciò che tu aspetti che essi facciano? E questo diventa, alla fine, la vera causa del male all'interno della società; se, infatti, tu stesso, in prima persona, incominciassi ad osservare le leggi che ritieni giuste, se incominciassi a tendere la mano appena vedi qualcuno che ne ha bisogno, se incominciassi a consolare quando vedi una persona piangere, se incominciassi a dare - quanto meno - ciò che possiedi di superfluo e che ad altri manca, chissà quante altre persone, mosse dal tuo esempio e comprendendo qual è la via giusta, seguirebbero, magari, ciò che tu fai? E questo, inevitabilmente, si ripercuoterebbe poi nella società e, prima o poi, te lo garantisco, la renderebbe diversa da quella che è. E' facile, infatti, lamentarsi di ciò che si sta vivendo, crogiolarsi nel dolore, nelle parole, nel vittimismo aspettando che siano gli altri a fare qualcosa perché il dolore venga annullato o, quanto meno, lenito.

Moti

 

Ho ho ascoltato le tue parole, io ho ascoltato, Maestro, i tuoi discorsi filosofici e credo anche di aver compreso ciò che tu intendi dire. Riconosco la logica del tuo insegnamento, riesco a vedere dove ciò che dici può portare, tuttavia, al di là dell'insegnamento individuale, non posso dimenticare che sono inserito in una realtà concreta e fisica. E non mi dire, Maestro, che per te la realtà concreta e fisica è ormai superata, perché io non riesco a comprendere una tale condizione ma sono invece immerso nella materia, e mi sembra quindi giusto che proprio tu, Maestro, che prima di me sei passato attraverso la stessa via, debba per forza di cose riuscire a comprendere e cercare di aiutarmi. Perdonami se, forse, non sono umile come un discepolo dovrebbe essere ma, d'altra parte, ciò che sto vivendo provoca al mio interno delle tensioni tali per cui non sempre è facile accettare senza reagire anche con una certa aggressività, perché si sa: soffrire non è mai piacevole. Io vivo la mia vita attraversando questa esperienza che, come dici tu, potrebbe anche essere karmica, e che, d'accordo, potrebbe interrompersi se io riuscissi a rimuovere al mio interno le cause che l'hanno mossa nel passato; purtuttavia, ripeto, sono immerso nel concreto della vita materiale, e non so che fare in questa direzione. Io mi guardo intorno e vedo il mio lavoro, o ciò che di esso resta, e non riesco a capacitarmi di come stanno andando le cose, ed è ancora più doloroso per me il fatto che il cattivo andamento del mio lavoro non coinvolge soltanto me stesso ma anche altre persone, e questo essere responsabili per gli altri, Maestro, proprio tu me l'hai insegnato. Dovresti, quindi, aiutarmi, darmi il modo per far sì che io possa adempiere a queste mie responsabilità verso gli altri. Io vedo la mia famiglia, vedo le tensioni che in essa stanno crescendo, le incomprensioni, le incapacità di comunicare, di partecipare gli uni con gli altri quelli che sono i problemi, le impossibilità di risolverli, di affrontarli assieme e anche per questo, per la mia compagna, per i miei figli, Maestro, io mi sento responsabile, e se è una mia situazione karmica quello che io sto attraversando, non riesco ad accettare che altri debbano soffrire per ciò che a me deve accadere. Ti prego, quindi, Maestro, tu che sempre hai dato mostra di amarmi, tu che sempre hai dato mostra di aiutarmi, di comprendermi, di sapere e di essere molto più saggio di me, fai qualcosa anche questa volta affinché possa uscire dalla sofferenza e dal dolore. Non tanto per me, quanto per chi da me, in qualche modo, dipende.

Scifo

 

Figlio mio, quanto tu hai appena detto dà mostra di quanto poco, in realtà, tu hai assimilato e compreso di ciò che io ho tentato di inculcare nel tuo essere, nel corso di questi incontri. Infatti dovresti comprendere, aver compreso, aver ormai assimilato, accettato fino in fondo il fatto che nell'intero universo non esiste e non può esistere l'ingiustizia. Per questo motivo, figlio mio, io ti dico che se tu con la tua sofferenza di oggi stai vivendo una situazione karmica, e in questa situazione tu vedi altre persone coinvolte e da te dipendenti, questo non è motivo di disequilibrio nel disegno divino e di ingiustizia nel suo volere, bensì di equilibrio e di giustizia per il fatto che anche queste altre persone, in realtà, stanno vivendo il loro debito karmico. Con questo, figlio, non intendo dire che tu non debba preoccuparti per loro, né tanto meno intendo dire che tu non debba sentirti responsabile per gli errori che puoi fare e che su altri possono ricadere. Tuttavia, ripeto, ricorda che accade sempre e soltanto il giusto per ogni individuo, e che tutto ciò che accade, anche se non sembra sotto il coinvolgimento dell'esperienza, accade, sempre e comunque, solo per il bene dell'individuo stesso. Però - tu dici, tu chiedi, tu implori - in concreto cosa fare, quale può essere la via migliore per cercare se non di risolvere immediatamente la situazione dolorosa quantomeno di attenuarla, di migliorare le condizioni di chi accanto ti sta e che di riflesso soffre o può soffrire assieme a te? Io ti dico, figlio mio: se ancora non riesci a comprendere la tua causa interiore, se ancora ti sembra di vivere una situazione senza via d'uscita, se ancora vedi così lontana la soluzione al tuo problema, metti in atto un primo insegnamento, ovvero l'incominciare da poco e da vicino. Ricorda che tu soffri per la tua situazione e che quindi è qualcosa in te, o di te che va mutato. Allora osservati, osservati nella vita di tutti i giorni, osservati con la tua compagna, con i tuoi figli, e guarda prima di tutto, come trasformare ciò che con essi non è giusto così come è. Fai sì, se ti riesce, di diventare tale per cui essi non saranno più parte negativa del tuo karma ma potranno diventare una fonte di sostegno, di aiuto, di serenità e, quindi, di ausilio alla tua comprensione. Fatto ciò, figlio mio, rivolgi la tua attenzione al tuo esterno, osserva il mondo del tuo lavoro, compi la stessa ricerca e la stessa modifica anche per il tuo lavoro, per il tuo stare con chi con te lavora, in modo tale da ottenere le condizioni concrete e materiali migliori che tu desideri per poter veramente arrivare al nucleo di ciò che devi fare, ovvero comprendere qualcosa che è al tuo interno, parte di te. E ti accorgerai, dopo questo cammino, figlio mio, di aver fatto già quasi tutto il percorso e più soltanto poche sfumature avrai da mutare per uscire dalla tua situazione karmica. Allora, lentamente, la vita ti ritornerà amica, il sorriso comparirà ancora sulle tue labbra, le tue notti saranno ancora serene e tu andrai sorridente incontro ad una nuova esperienza. Questo io ti dico, figlio mio, affinché
tu possa comprendere.

Moti

 

Io mi guardo attorno, sono conscio, consapevole, sono a conoscenza perlomeno degli insegnamenti che tu mi porti, ma se mi guardo attorno, mi sento desolato, mi sento intristire nell'osservare l'indifferenza di tutti gli altri figli che, come dici tu, dovrebbero essere miei fratelli. A volte penso di essere io stesso a non sentirli miei fratelli, a comportarmi in modo tale da suscitare in loro una reazione di indifferenza nei miei confronti. Perché, nonostante sia passato tutto questo tempo da che io ascolto le tue parole, fratello mio, non riesco ancora a sentire tutti gli altri uguali a me e continuo, indiscriminatamente, a fare delle scelte: a sentirmi più disponibile con chi è disponibile nei miei confronti ed a sentirmi freddo, totalmente refrattario, nei confronti di chi non mi rivolge uno sguardo e, tanto meno, una parola. Fratello mio, tutto questo mi fa star male, poiché mi sembra di non aver compreso assolutamente nulla di quanto tu hai voluto significarmi nel corso di tutto questo tempo. Chiariscimi questi dubbi, ti prego, fa' qualcosa affinché io possa sorridere a tutti, andare incontro a tutti, per iniziare ad amare di quell'amore che tu - fratello mio - da sempre mi stai raccontando.

Federico

 

Ti ho sentito, figlio mio, pensare e dirmi, nel tuo modo così semplice ed umile, che le parole che io ti ho inviato attraverso i miei figli, hanno reso ancora più difficili, più pesanti i tuoi giorni. Ti ho sentito, figlio mio, piangere in silenzio senza riuscire a versare una lacrima. Pensare che la tua vita, nonostante le mie parole, era fatta di momenti in cui l'aggressività diveniva tua padrona e tu accettavi di divenirne schiavo. Ti ho sentito, figlio mio, quando creavi con la tua mente migliaia di scuse, di alibi per non riuscire a guardare in faccia la realtà. E imputavi questa tua incapacità al fatto che i figli di Dio ti umiliavano, che parlavano confusamente, che non sapevano dirti veramente quello che tu volevi che ti venisse detto. Figlio mio, cosa posso fare se non ricordarti che a nulla possono servire le mie parole, se tu e proprio tu non fai qualcosa per te stesso? Potrei darti migliaia di prove e centinaia di parole di amore, di dolcezza e riflessione, potrei darti la possibilità di meravigliarti, di stupirti, di strabiliarti, ma tutto questo a nulla potrebbe servire se tu, mio caro, non vuoi aprire gli occhi alla vera Realtà, perché quanto io posso fare per te, da te sarebbe totalmente dimenticato, annullato nel momento stesso in cui qualcosa o qualcuno riuscisse ad attrarre la tua attenzione pur di toglierla da me. Impara dunque, figlio, prima di tutto a vivere la fede, ad avere le fede, ad assaporare intensamente la fede, unico tratto che ci può rendere uniti per sempre in un'unica dolcissima cosa.

Michel

 

Lui, Lui ha donato a noi la luce. Lui ci ha donato la possibilità di discernere tra il bene e il male. Lui ha riempito le nostre esistenze di quelle gioie che nascono dai sensi, ma Lui ci ha dato anche la possibilità e la capacità di comprendere quanto sia ingiusto alimentare, creare o essere causa di illusione. In mezzo a tanti meravigliosi doni ha dato a noi il compito di questa enorme responsabilità. "Tu, individuo che godi delle mie gioie, di ciò che io ho creato per te, sei responsabile nei confronti dei tuoi fratelli, e fa sì che essi ricevano in ogni momento verità e non illusione". L'animo umano, i bisogni degli uomini sono tali per cui, facilmente, un'illusione sembra dare molto di più di una triste e squallida realtà; ma poiché è la Realtà, è la Verità che noi perseguiamo e che voi dovete perseguire, fa' sì, individuo, che in ogni momento della tua esistenza tu sia in grado di non essere la causa dell'illusione di un tuo fratello! In questo modo non compirai, non avrai compiuto - quando guarderai a ritroso la tua esistenza - quel peccato, quel dolore così grande che è quello di essere stato causa di illusione. E' Lui che ci ha donato tutto questo. E' Lui che ci ha elargito il piacere dei nostri sensi. Lui - nella Sua misericordia, nella Sua grandezza, nella Sua bontà infinita che ci ha offerto la possibilità di essere in questo mondo meraviglioso - ci chiede soltanto una piccola cosa: di non fare, per nessuna ragione, del male ad un proprio fratello. E se questo "non fare alcun male al proprio fratello o al proprio vicino, se ancora non riuscite a sentirlo fratello" è tacere, perché non accettare di tacere? Perché ostinarsi a parlare quando ci si rende conto che con questo parlare si può far soffrire? Oh, figli, se voi sapeste quanto danno hanno fatto le parole nel corso di questi secoli, sentireste un brivido percorrere la vostra schiena! Se voi vi rendeste conto che più la parola ha ucciso piuttosto che l'arma, misurereste a goccia a goccia il vostro parlare in ogni momento perché, anche al di là dell'intenzione, spesso la parola è micidiale. Oh, figli, se voi veramente foste in sintonia con quel Tutto che E', comprendereste che magari basta levarsi un giorno, dopo una notte tormentata, con un sorriso e della disponibilità nel confronto degli altri - silenziosi, e capaci di profferire solo consapevolmente le vostre parole - per arrivare a comprendere l'importanza di essere parte di quel Tutto Uno.

Viola

 

Padre, padre mio, da tempo io perseguo la via della spiritualità, sono anni ormai che studio, leggo, confronto; sono anni che il mio pensiero è rivolto a problematiche, interrogativi che diventano via via sempre più pesanti. Ho incontrato amici che mi parlavano di una certa verità, ne ho incontrati altri che disdegnavano quella verità e me ne proponevano un'altra; sono arrivato, infine, a far parte di un gruppo che comunica con disincarnati o presunti tali; mi sono lasciato coinvolgere di un coinvolgimento - oserei dire - quasi totale, ed ho dato buona parte di me stesso, se non tutto, per far sì che questi messaggi - o presunti tali - potessero sciogliere quei dubbi, rendere meno gravose le problematiche che facevano sempre parte del mio essere.Ma ora che è passato molto tempo, mi chiedo, Padre mio: perché, io sono qua? In fondo, a cosa serve tutto questo quando la vita di tutti i giorni mi chiama, con le sue realtà che ben pochi allacciamenti o collegamenti hanno con quelle meravigliose parole spirituali che questi Maestri mi propongono? Mi chiedo, Padre: in fondo, poi, se tutto quello che viene detto è soltanto un'illusione, un'illusione come a noi insegnano o come Tu, tramite i Tuoi portavoce - a detta loro - ci fai sapere, che senso ha sapere se c'è vita dopo la morte se poi io, una prova reale e tangibile di tutto questo non potrò mai averla se non quando lascerò questo mio corpo fisico? Mi chiedo io, Padre, che senso ha perseguire queste vie spirituali o spiritualiste, se poi dovrò sempre lottare e trovarmi a mettermi a confronto con quei dubbi, quelle problematiche che né Tu, né i Tuoi portavoce, né altri senz'altro, riuscirete mai a sciogliere? Che senso ha, Padre mio, tutto questo? ...

Federico

 

... Figlio mio, io ti ho osservato nei tuoi dubbi, ti ho osservato nella tua ricerca continua della Verità, ti ho osservato nel tuo percorrere le strade del mondo, nel tuo affrontare i perché, i problemi, le tematiche che via via inviavo verso di te: ti ho osservato allorché prendevi i tuoi dubbi per mano e lasciavi che ti accompagnassero lungo il tuo cammino non rendendoli utili al tuo progredire, ma facendo sì che essi diventassero delle catene che ti confondevano, ti impedivano di muoverti veramente.
Figlio mio, tu che sei giunto in mezzo al tuo peregrinare nella materia fisica al cospetto di parole che sembrano provenire da miei messaggeri (e dico sembrano in quanto tu mai la certezza assoluta potrai avere che questi davvero siano miei messaggeri), tu dunque, dicevo, sei giunto al cospetto di questi insegnamenti, di queste voci. Non fermarti a cercare di scoprire veramente, di voler a tutti i costi ottenere la prova assoluta della realtà di chi parla: perderesti inevitabilmente per strada il senso delle parole che vengono dette. Ed è ciò che viene detto, in realtà, che riveste importanza per te, è ciò che viene detto che può aiutarti a comprendere non tanto la Realtà Assoluta, quanto la tua interiore realtà. Piccola ma, in fondo, immensa, in quanto è una parte di me; ed essa è collegata da un filo invisibile ma non per questo fragile, con Colui che Tutto unisce e Tutto racchiude. Questo significa, figlio, che se tu invece di spostare la tua attenzione verso l'esterno, cercando di scostare i veli dell'illusione per trovare una realtà che ti è esterna, cercando di comprendere ciò che vivi, ciò che soffri, ciò che patisci, che qualche volta gioisci, guardando intorno a te, invece partissi, per prima cosa, dall'osservare te stesso, ecco che, quasi senza rendertene conto, troveresti il bandolo di quella matassa invisibile che ti unisce a quella Realtà con la erre maiuscola che deve esistere. Deve esistere, altrimenti il gioire, il soffrire, il patire, il lottare, il combattere, il perdere le persone amate, il lottare per il proprio lavoro, per la propria sopravvivenza, per i propri figli, l'essere disperati, l'essere pieni di speranza, l'essere pieni di orgoglio, l'essere capaci il momento dopo di trovare l'umiltà, tutto questo, figlio mio, che senso avrebbe? Nel momento stesso in cui tu riuscirai a sentire, non attraverso la prova ma attraverso a una tua percezione interiore, che la tua vita non può essere legata soltanto al momento che stai vivendo e che quindi - come logica conseguenza - esiste un "dopo", esiste una vita non legata al piano fisico, soltanto in quel momento riuscirai veramente a comprendere il perché della tua esistenza, il perché della tua sofferenza, della tua gioia, il perché della tua ragion d'essere, il perché di tutto ciò che osservi all'interno ed all'esterno di te, figlio mio. E allora, finalmente, con passione, con trasporto, con serenità ci incontreremo ancora.

Moti

 

Padre mio, io non ci capisco più niente, anzi non soltanto non ci capisco più niente, ma non riesco neanche più a capire che cosa dovrei capire! Io mi sono messa lì con impegno, mi sono presa i miei bei libri, e li ho letti, accuratamente, cercando di capirli, ho cercato di comprendere quello che hanno detto i filosofi, così come mi è stato chiesto, ho cercato di comprendere le varie teorie di pensiero; ho cercato di capire quello che hanno detto i vari Maestri dai più esotici ai più tradizionali; ho cercato di capire gli insegnamenti, ho cercato di comprendere cosa accidentaccio sia questa percezione soggettiva della realtà che io non dovrei vedere ma che vedo, ma che è una illusione, e allora siccome è una illusione è diversa da quello che vedo, e non so che cos'è perché è un'illusione anche il fatto che io mi illuda! Ho cercato di allargare il mio "sentire". Ma non so se ci sono riuscita perché non ho capito che cosa sia il sentire.
Ho cercato di incontrare Te, Padre mio, sempre che Tu sia mio Padre, perché io non Ti ho ancora incontrato e quindi non posso metterci la mano sul fuoco! Spero nel domani così come chi dice che parla in Tuo nome afferma che si debba fare. Insomma sono una fucina di dubbi, un calderone di discorsi, un insieme di confusioni tremende, che però - sinceramente - in certi momenti mi aiutano, tenendo occupata la mia mente quando proprio non ho altre cose cui pensare. Ma allora, Padre mio, stammi a sentire: se davvero sono Tua figlia, se davvero mi ami, fai qualcosa, cerca di farmi capire qualcosina in più! Non Ti dico di mettermi lì la Tua parola scritta a lettere di fuoco sulla pietra, ma quanto meno un'idea, un'intuizione, un modo per comprendere, un modo più chiaro per comprendere, cerca di farmelo arrivare. Ti prego ...

Zifed

 

... Figlia mia, io ti chiamo figlia ma, in realtà, non sei mia figlia. Coloro che io mando a parlarti, ti chiamano sorella, ma non sono tuoi fratelli. Ciò che vedi intorno a te, e che tu pensi - sbagliando - sia l'unica vera realtà, non è altro, effettivamente, che un'illusione. Io non sono tuo padre, perché tu da me non ti sei mai staccata e quindi io e te siamo una cosa sola; le creature che ti parlano in mio nome non sono tuoi fratelli, poiché come capirai un giorno, essi fanno parte di te, come tu fai parte di loro e riuscire a scindere te da loro, anche questa, figlia mia, è un'illusione.
La realtà che tu vivi è un'illusione soltanto perché tu sei limitata da ciò che sei in questo momento, e limitata dal fatto che ti guardi attorno e sei colpita dalla bellezza di un fiore; e limitata dal fatto che guardi i tuoi figli e li ami più di ogni altra persona al mondo; e limitata dal fatto che tu segui i pensieri della tua mente, e la conoscenza che ti possono dare i libri; e limitata dal fatto che tu ti guardi intorno e, nel guardarti intorno, nella tua mente, passa l'elenco delle cose che tu osservi.
Io non posso, figlia mia, in un solo colpo farti comprendere qual è la verità. Tutto quello che posso è far sì che ti arrivino gli elementi affinché tu, lentamente, riesca a incamminarti lungo la giusta strada. Io ho posto sul tuo cammino una miriade di tappe che tu devi raggiungere per arrivare alla Verità: alcune le hai raggiunte - il non uccidere i tuoi simili o il riuscire ad essere meno egoista - altre dovrai ancora incontrarle, raggiungerle e superarle, e non sono meno difficili delle altre. Tuttavia, io so che andrai avanti con pazienza, con costanza, superando una meta alla volta, e so anche che la prossima meta che ho posto sul tuo cammino, la prossima meta necessaria affinché tu riesca a comprendere qualcosa di più della realtà di me stesso, e della nostra unione, è quella di non fare più differenza tra l'Uno ed i Molti.Figlia, io ti aspetto al termine della strada.

Moti


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